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           Come 
            e da che cosa è nato questo libro? 
            Da una concezione di scrittura basata su utilità, umanità 
            e universalità. Non mi piace scrivere storie solo d’intreccio 
            e divertimento fine a se stesso, o che girino intorno all’autore 
            e a un mondo privato e limitato; prediligo l’uso che se ne può 
            fare: lasciarsi emozionare, riflettere, confrontarsi, dibattere. Insomma, 
            il lettore deve guadagnarci qualcosa, altrimenti tanto vale che guardi 
            la televisione. Avevo già scritto di migranti, disabili, bambini 
            in difficoltà, bullismo e violenza… e ho voluto confrontarmi 
            con l’omofobia. Tutto qua. 
           A chi si rivolge? 
            Collaboro con una piccola editrice indipendente, Segni&Parole 
            di Gianni Lucini. Gli sto fornendo, fino a che avrà la bontà 
            di pubblicarli, testi di dimensione paesana. Ma qui il paese non è 
            visto come scrigno di tradizioni e di resistenza al cambiamento, ma 
            come comunità replicabile ovunque; anche in città, perché 
            le città che altro sono se non agglomerati di paesi? Il libro 
            si rivolge a tutti, ma io spero che lo leggano i giovani. Con il mio 
            gruppo di teatro costituito da sette quindicenni stiamo allestendo 
            “Sette ragazzi italiani”. Uno dei personaggi è 
            gay e quindi sono curioso di conoscere che cosa penseranno del libro 
            i miei attori, che hanno già dimostrato apertura mentale nell’accettazione 
            del copione e nella scelta dei sette diversi tipi di giovani contemporanei. 
          Il libro si collega 
            anche alla tua esperienza di ex insegnante? 
            Non direttamente. Sono passati anni da quando insegnavo e le cose 
            sono indubbiamente cambiate. Molta più gente si rende conto 
            che l’omosessualità è sempre esistita e sempre 
            esisterà; e che è presente anche presso chi la demonizza 
            e la combatte. L’elemento “contro natura” è 
            presente, ma solo nell’odio e nella violenza di costoro. Di 
            quando insegnavo ricordo due casi. Un alunno che veniva tormentato 
            da un ragazzotto che sfogava su di lui le proprie tensioni e un tredicenne 
            che aveva una relazione con un adulto e che fu relegato in una prigione 
            di ignoranza, insensibilità e incapacità di dialogo. 
            Tutti e due si trovarono soli contro un mondo che voleva espellerli 
            dalla società “civile”.  
          Damiano e Martino 
            sono una coppia sposata di Roma. Il primo, ex insegnante, lavorava 
            in una piccola casa editrice che ha chiuso l’attività; 
            il secondo faceva il ballerino, ma anche il suo settore è in 
            crisi. Che fare? Decidono di sfruttare un’opportunità 
            inaspettata: Martino ha ereditato una casa in Puglia. Vi si trasferiscono. 
            Damiano insegna nella scuola media di un paese del Salento, Martino 
            apre una scuola di ballo. Ma non mancano le difficoltà. Damiano, 
            gay e di pelle nera, si scontra con i pregiudizi della dirigente e 
            di alcuni colleghi. Martino deve superare una brutta esperienza con 
            una banda di estremisti. Come reagisce il paese? L’umanità 
            e le doti pedagogiche di Damiano con le qualità artistiche 
            e la simpatia di Martino riescono a sconfiggere l’odio? Una 
            cosa è certa: non sono soli. La diffidenza può trasformarsi 
            in empatia e rispetto. 
            
          
            
            
             
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